Fate, Pandafeche e Mazzamurelli
Storie di miti, superstizioni e leggende d’Abruzzo
edizioni Tabula fati, 2020
a cura di DAVID FERRANTE
copertina di Alba Carafa
«Questa è l'arida terra che dovrò render feconda. Dietro siffatta deliberazione, l'autore ha interrogato il popolo, ne ha appreso la storia, i fatti più celebri; ha veduto i palazzi incantati, è corso appresso alle streghe, ai folletti, ed a'vantati fenomeni soprannaturali. Ha quindi convertito in edifici illustri le abbandonate casupole, le streghe ha cangiato in femmine, i prodigi in avvenimenti comuni, ed il fato in Dio, non dipartendosi mai da' luoghi che il popolo ha celebrati e frequentati. L'autore infine, per servirci d'una frase Napoleonica, Investe l'inimico più da vicino, ed oppone al così detto pregiudizio, la filosofia della storia e la ragione de' fatti.» Questo si legge nell’introduzione di un testo di tradizioni popolari datato 1843, in cui si manifesta l’intenzione di fornire una spiegazione razionale alle credenze popolari, per rendere feconda una terra arida. Nelle pagine che seguono, invece, s’intende percorrere la strada opposta: abbandonare il bisogno di logica e lasciarsi trasportare nell’apparente irrazionalità delle leggende e dei miti. Rendere feconda di stupore, fantasia e ingenuità la fredda terra del razionale raccontando il folklore, la sapienza del popolo.
Nelle lunghe sere d'inverno intorno al focolare si ascoltava. Erano storie che provenivano dal passato, impastate di pietre di montagna e acqua gelida di fiume, trasportate dal vento.
Il mago ‘Viddie, lu lope menare, lu mazzamurille, la grotta dello Scapigliato, la dea Maja e suo figlio Ermes, il fantasma della Ritorna, le fate, lu bascialische, la fossa del Currìo di Giannandrea, lu scijjone, la scurnacchiera, la pandafeche, sono alcuni dei soggetti più noti dei racconti dei nostri avi.
Attraverso la narrazione il popolo ha tramandato il proprio semplice sapere alle generazioni. In questo libro si prosegue la tradizione di quel racconto per ricordare i miti, le leggende e la cultura di una terra. Ogni scrittore si è seduto davanti al camino degli antenati per ascoltare ciò che hanno conservato per secoli, per poi riproporre al lettore una storia vissuta attraverso le parole da loro sussurrate e oramai lontane.
Miti, leggende e credenze che provengono da traduzioni di testi letterari trasportate nel quotidiano, da culture e religioni di altri popoli e da spiegazioni semplici e fantasiose di fenomeni incomprensibili e si tramandano per generazioni fino a diventare la realtà e la cultura di un popolo. Folletti, fate, lupi mannari, defunti diventano i protagonisti di storie che promettono una verità testimoniata da gente di epoche passate.
Lettera di Ovidio dall'Ade, racconta di Uiddiu, il poeta Publio Ovidio Nasone, che nelle leggende sulmonesi vive come un gran mago e che spesso appare in prossimità delle Poteche de ‘Viddie, dei resti di quella che veniva considerata la sua villa, per proteggere il suo tesoro.
Una vita maledetta, è quella di un lope menare, che si aggira nelle nostre campagne vittima innocente di una maledizione. Una creatura che vive la propria disgrazia di essere amabile uomo e feroce bestia.
Viaggi dalla casa candida, lu mazzamurille è un folletto che vive nei boschi. Sa leggere nel cuore delle persone e comprenderne l’indole; è complice di un cuore candido, ma dispettoso e cattivello se ne percepirà cattiveria.
Lo Scapigliato, ci sono tesori nascosti che custodiscono antichi e oscuri segreti; spesso sono custoditi da un fantasma che li protegge da incauti e avidi cercatori di fortune. Ciò è accaduto e accade anche nella Grotta dello Scapigliato.
Fiore di Maggio, chi sale sulla Maiella può ancora avvertire il lamento della dea Maja che cerca di strappare alla morte Ermes, cercando in tutti i modi di trovare quell’erba che lo avrebbe guarito. E poi ci si ferma a riflettere davanti allo splendore di quella terra pensando che tutto quel dolore di madre ha generato tanta bellezza.
Ritorna, sulla spiaggia attese il ritorno del suo amato partito in mare. Non tornò mai più. Solo i resti della nave testimoniarono la sua fine. Lei morì di dolore bagnata dalle acque del mare ma non si rassegnò mai, e ogni notte di tempesta ancora appare per urlare il suo dolore: Ritorna! Ritorna!
Il fusaro e le fate, spesso al mattino si trovano i crini degli asini intrecciati in fitte treccioline complesse da districare. Sono state le fate, forse per dispetto o solo per gioco. Ma se subiscono un grosso torto sono capaci di cattiverie che solo la magia può fermare.
Un mondo di ombre, può succedere che un gallo faccia un uovo: una manifestazione del demonio che deve essere esorcizzata con la morte dell’animale stregone. Si tratta de lu bascialische. Ma anche un bimbo nato prematuro può essere additato come bascialische.
Spirito di lupo, passeggiando nei prati di montagna capita di trovare cumuli di sassi. Sono la tomba di una persona morta violentemente. Chiunque passa deve poggiare un sasso sopra gli altri altrimenti riceverà addosso le pietre scagliate dall’anima tormentata. Come accade a chi passa nella fossa del Currìo di Giannandrea.
Scijjone, vortici di vento si alzano all’improvviso e causano danni a cose e persone. Se tagliato con lu cultelle de sante Libborije, scompare lasciando dietro di sé l’urlo di chi è stato ferito: è lo scijjone, un sifone che custodisce demoniaci segreti.
Bettina, nella notte dei morti è consuetudine accogliere con tavole addobbate i cari defunti che tornano per qualche attimo nelle loro case. Intanto passa la processione delle anime. Vanno verso la chiesa, per la loro funzione. È la scurnacchiera che avanza.
La strada di Anna, ci capita di svegliarci spaventati e con la voglia di urlare. Il nostro corpo rimane paralizzato e la voce non esce. Sul nostro petto l’ombra di una donna, di un fantasma che sembra rubarci il respiro. La chiamano la pandafeche. Cosa prova questa donna condannata a essere un mostro per l’eternità?